Stendhal
Nell’arte il processo di fruizione, al pari dell’atto creativo, è un’esperienza non codificabile.
Le forze in gioco nelle dinamiche percettive, che portano alla cosiddetta interpretazione e al conseguente coinvolgimento emotivo, attengono al risultato di innumerevoli interazioni tra sensibilità individuale, background culturale, vissuto personale e ambito sociale.
Nello “spectator” (Cit. Roland Barthes) tale è il contesto in cui si trovano a esercitare le loro azioni, notoriamente, l’intenzionalità dell’artista e l’intenzionalità intrinseca nell’opera stessa.
A tutto questo ritengo di poter aggiungere l’intenzionalità dei luoghi dell’arte.
La coscienza dell’atto fruitivo è un percorso personale in continuo divenire; può spaziare indefinitamente senza elevarsi da uno strato estetico superficiale, o mutare nel tempo in un’esperienza permeante e totalizzante, fino a trascendere il significato attribuito all’opera o la stessa intenzionalità dell’artista.
Del mio percorso custodisco il ricordo del preciso momento in cui ho smesso di considerare dipinti e fotografie come “superfici significanti” (Cit. Vilém Flusser), iniziando a percepirli invece come elementi di un microcosmo visionario e multisensoriale fatto di spazi, di buio e penombre, di squarci di luce, di riflessi deformanti, di suoni, di presenze umane o solo immaginarie, e di oggetti misteriosi –le opere- dalla cui superficie sembrano librarsi nell’atmosfera circostante tutto il bello e il brutto possibile, tutte le angosce, i sogni, le verità e le domande irrisolte della nostra inquieta umanità.
Da allora i luoghi dell’arte, intimi o maestosi, famosi o sconosciuti, insieme con tutto ciò che contengono, mi appaiono come entità metafisiche con una propria loro energia vitale, capace di avvolgere e di accompagnare l’ospite in sempre nuove esperienze fruitive.
In questi scatti, conseguenze quasi istintive del mio coinvolgimento emotivo, non intendo celebrare la solennità dei luoghi o la meraviglia delle opere che, come molti, ho avuto modo di ammirare. Nel condividere queste mie visioni intendo rendere testimonianza di una possibilità, quella di considerare e vivere l’arte da una prospettiva certamente meno accademica ma non per questo errata o irriverente.
Perché in fondo, come diceva Henry Miller, L'arte non insegna nulla, tranne il senso della vita.
Massimo Renzi